Cos’è l’artrite reumatoide?
L’artrite reumatoide è una malattia infiammatoria che colpisce in primo luogo le articolazioni, in particolare le piccole, e in secondo luogo può interessare anche altri organi quali il polmone, il cuore, i vasi sanguigni, i reni, la cute. Il sintomo principale della malattia è il dolore articolare che viene definito infiammatorio, ossia è peggiore la notte e al mattino a riposo, quando compare anche importante rigidità delle articolazioni, e tende a migliorare durante la giornata e con il movimento. A questo generalmente si associano importante stanchezza, talora perdita di peso e vari sintomi in relazione al possibile coinvolgimento di altri organi.
Come viene effettuata la diagnosi?
Non esiste un vero “esame diagnostico” per questa malattia ma al contrario la diagnosi si base sull’unione di alterazioni fisiche, alterazioni degli esami di laboratorio e metodiche di imaging. Dal punto di vista clinico sono importanti sia il numero che il tipo di articolazioni colpite mentre dal punto di vista degli esami di laboratorio rivestono importanza l’aumento della VES e della proteina C reattiva e la positività di fattore reumatoide e/o anticorpi anti peptide ciclico citrullinato. L’imaging si basa sul riscontro di erosioni ossee e di sinovite, ossia infiammazione della membrana sinoviale dell’articolazione; quest’ultima in particolare può essere rilevata con risonanza magnetica o, in mani esperte, già a livello di visita ambulatoriale con ecografia mirata. Una volta in possesso di questi dati, il medico deve escludere la presenza di altre patologie che possono dare artrite e successivamente può effettuare la diagnosi di artrite reumatoide.
Quali sono le terapie disponibili ad oggi?
Rispetto al passato, attualmente abbiamo molte armi per combattere la malattia a partire dai cortisonici, utilizzati per il minor tempo e alla minor dose possibile, per continuare con i farmaci “di fondo” tradizionali, come il methotrexate, e per finire con i moderni farmaci “biologici” ossia creati con tecniche di biologia molecolare e aventi come bersagli precise molecole della via infiammatoria della malattia, come TNF alfa, linfociti, interleuchina 6 ed altro. Un punto nodale per la comprensione della malattia è che prima riusciamo a fare diagnosi, prima possiamo inserire la terapia più è facile che il farmaco intervenga nella “finestra terapeutica” della malattia, ossia in un momento in cui è possibile ottenerne la remissione (ossia la scomparsa dei sintomi e dello stato infiammatorio). Da notare che la malattia ha un decorso cronico e quindi il paziente necessita di essere seguito nel tempo nell’ottica di prevenire e trattare precocemente le possibili riacutizzazioni.
Quali rischi comporta la patologia se non trattata?
Ad oggi i risultati ottenuti con la terapia sono buoni e la possibile disabilità legata alla distruzione articolare è sempre più rara, tuttavia possibile nei casi in cui il paziente non sia opportunamente seguito o in rarissimi casi refrattari. Oltre alla possibile disabilità motoria, la mancanza di un corretto trattamento può portare a conseguenze serie come la fibrosi polmonare, l’insufficienza renale, la vasculite o, più comunemente, uno stato di aterosclerosi accelerata che porta come conseguenza un aumento del rischio cardiovascolare e una riduzione dell’aspettativa di vita del paziente. Come abbiamo già detto, comunque, un corretto trattamento offre la possibilità di evitare anche queste complicanze.
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